Nella mia attività di Investigatore Privato a Roma ho svolto migliaia di indagini in ambito privato, nel settore personale e in ambito familiare.
Molto spesso mi è capitato, anche per svolgere indagini nell'ambito delle infedeltà coniugali, di effettuare ricerche in rete..come chiunque può effettuare.. e più, ne meno..
Quanti di noi nel corso della nostra vita non abbiamo cercato una persona su facebook?
Quanti solo per semplice curiosità o mossi da gelosia hanno cercato un lui o una lei su facebook per capire chi sia e cosa fa. E chi non ha dato una "sbirciatina" per vedere le foto per poi condividerle o parlarne con amici/amiche?
A dire il vero anche io, come sicuramente molti dei miei colleghi Investigatori Privati faccio un uso molto frequente di Facebook, di Instagram e di altre piattaforme social al fine di reperire più informazioni utili per l'indagine.
Ingenuamente e inavvertitamente le persone non badano alla mole di informazioni che metteno in rete. Basti pensare a quante persone comunicano al mondo intero su Facebook che partono per una vacanza e al loro ritorno si ritrovano con la casa svuotata per aver ricevuto una visita dei ladri.
Quindi non mi sorprende affatto la
sentenza della cassazione in merito alla attendibilità di facebook per
individuare l'autore di un reato.
Facebook attendibile per individuare l’autore di un reato.
La Cassazione, sentenza 45090 depositata oggi, sdogana il riconoscimento dell'imputato tramite Facebook affermando che esso è pienamente «attendibile». La Corte di appello di Milano ha ritenuto un uomo di origine straniera responsabile di concorso in rapina e porto d'armi. L'imputato ha proposto ricorso sostenendo, tra l'altro, che la motivazione «era del tutto carente ed illogica nella parte in cui i giudici di merito avevano ritenuto rituale e valida la propria identificazione effettuata mediante Facebook e senza alcun successivo riconoscimento», in tal modo non superando «i profili di incertezza e di ragionevole dubbio circa la individuazione dell'imputato». E successivamente, con memoria aggiuntiva, che «non poteva parlarsi di una ricognizione in senso tecnico in quanto non erano state rispettate le formalità di cui agli artt. 213 e 214 c.p.p».
Nel dichiarare il ricorso inammissibile, la Suprema corte ha sbrigativamente replicato che il giudice di secondo grado «con motivazione esaustiva, logica, congrua e del tutto coerente» ha correttamente ritenuto che fosse stata raggiunta la prova della responsabilità dell'odierno imputato in ordine alla rapina contestatagli «sulla base della annotazione della Polizia di Desio» e «della individuazione operata dalla persona offesa, ritenuta pienamente genuina ed attendibile».
Fonte: ilsole24ore.com
Cassazione: su Facebook si può individuare l'autore di un reato.
Per la Suprema Corte il riconoscimento dell'imputato tramite Facebook è pienamente attendibile.
di Marina Crisafi - Su Facebook si può individuare l'autore di un reato. Lo ha affermato la Cassazione, con una sentenza di poche ore fa (n. 45090/2017 sotto allegata), ritenendo pienamente "attendibile" il riconoscimento di un imputato tramite il social network.
La vicenda
L'uomo, condannato in appello per concorso in rapina e porto d'armi, ricorreva per Cassazione, lamentando che la motivazione era "del tutto carente ed illogica nella parte in cui i giudici di merito avevano ritenuto rituale e valida la propria identificazione effettuata mediante Facebook e senza alcun successivo riconoscimento – con la conseguenza che non erano stati superati "i profili di incertezza e di ragionevole dubbio circa la individuazione dell'imputato". Precisava, inoltre, che "non poteva parlarsi di una ricognizione in senso tecnico in quanto non erano state rispettate le formalità di cui agli artt. 213 e 214 c.p.p".
Facebook: individuazione reo pienamente attendibile
Per gli Ermellini il ricorso è inammissibile. Innanzitutto, perché ripropone censure già prospettate con i motivi di appello e sulle quali la corte territoriale ha esaurientemente risposto "con motivazione esaustiva, logica, congrua e del tutto coerente". Correttamente, infatti, la corte ha ritenuto "raggiunta la prova della responsabilità dell'odierno imputato in ordine alla rapina contestatagli" sulla base dell'annotazione della polizia e "dell'individuazione operata dalla persona offesa, ritenuta pienamente genuina ed attendibile".
Fonte: studiocataldi.it
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