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Massimiliano Altobelli, Investigatore Privato a Roma, autorizzato dalla Prefettura dal 1995, svolge personalmente indagini con l'ausilio della più moderna tecnologia investigativa, fornendo al committente prove legalmente valide. Consulenze e Preventivi gratuiti 24/24 - 7/7. Tel.: 336.340.007 http://www.maximedetective.net

giovedì 10 ottobre 2013

La Separazione Coniugale


La separazione coniugale.













Sono oltre venti anni che mi trovo ad occuparmi di separazioni coniugali dovute alle infedeltà che accerto. Dico sempre alle persone che si rivolgono a me che, a mio avviso, non esisto vincitori e vinti su una separazione coniugale. Mi spiego meglio. Sicuramente ci sarà un coniuge che ha avuto giustizia e fatto valere i suoi diritti, ma, ovviamente, è pur sempre un fallimento..
Si potrebbe paragonare ad un "incidente stradale", si è contenti di esserne usciti illesi o con poche conseguenze, ma è pur sempre una grave danno, considerando l'accaduto e le conseguenze..
Rivolgersi ad un Investigatore Privato ed ottenere le prove di un'infedeltà coniugale è necessario per far valere un proprio diritto in sede giudiziaria, anche per poter richiedere l'addebito di responsabilità.

Altre notizie inerenti alle investigazioni private relative all’accertamento delle infedeltà coniugali, le potete trovare all’interno del mio sito internet: Investigatore Privato Roma.

Massimiliano Altobelli






La separazione personale dei coniugi è un istituto giuridico italiano regolamentato dal Codice civile (artt. 150 e ss.), dal codice di procedura civile e da una serie di norme speciali. Si distingue la separazione giudiziale (contenziosa) da quella consensuale.
In entrambi casi, si tratta di separazione legale. Infatti, dato che agli occhi della legge la separazione di fatto tra i coniugi è ininfluente, se si vogliono ottenere gli effetti legali della separazione occorre rivolgersi al giudice.



La separazione giudiziale è il procedimento con il quale si ottiene una sentenza di separazione: essa non fa venir meno lo status di coniuge ma incide su alcuni obblighi tipici del matrimonio: una volta separati non si ha l'obbligo di convivenza né di fedeltà né si è più in comunione dei beni (se quello era il regime patrimoniale prescelto dai coniugi), di converso resistono ancora gli obblighi di mantenimento del coniuge, di partecipazione alla gestione della famiglia e di educazione della prole.
La separazione giudiziale, secondo il codice civile italiano, si può avere su istanza di parte o perché ci sono state delle violazioni degli obblighi matrimoniali da parte di uno dei coniugi o perché ci sono delle circostanze oggettive che rendono non più sostenibile la prosecuzione del rapporto.
Il processo inizia con ricorso al presidente del tribunale del luogo in cui è individuata l'ultima residenza della coppia (se non l'hanno mai avuta allora si segue il classico sistema del tribunale competente nel luogo di residenza del convenuto).
Nel ricorso l'istante dovrà fornire gli elementi sui quali si fonda la richiesta e la dichiarazione sull'esistenza di prole (vedremo successivamente che questo è molto importante). Il presidente del tribunale accogliendo il ricorso fissa con decreto la data della udienza di comparizione dei coniugi. L'istante dovrà provvedere a notificare il decreto all'altro coniuge. Nel tempo che intercorre tra notifica ed udienza le parti potranno depositare presso la cancelleria del giudice tutte le eventuali memorie scritte nonché le loro dichiarazione dei redditi (per individuare i cespiti patrimoniali con esattezza).
L'udienza di comparizione si svolge dinanzi al solo presidente del tribunale (questa è la prima delle due fasi nelle quali si divide il processo di separazione) e devono comparire obbligatoriamente e personalmente i coniugi: se non si presenta il coniuge attore (colui che ha promosso il processo) il presidente dichiara estinto il processo per abbandono degli atti mentre se non si presenta il coniuge convenuto il presidente dovrà fissare una nuova udienza ed eventualmente decidere con ordinanza sulle questioni urgenti che non possono essere rimandate alla successiva udienza. Una volta che i due coniugi compaiono entrambi il presidente del tribunale compie un tentativo di conciliazione nel quale cerca di far desistere le parti dal loro intento di separarsi: se le parti si accordano e si riconciliano il presidente redige il processo verbale e la causa si estingue, se le parti non si accordano allora il presidente è obbligato a far proseguire la causa dinanzi al giudice istruttore.
L'ordinanza con la quale in presidente del tribunale rinvia la causa al giudice istruttore (questa è la seconda fare del processo) contiene:
1.   decisioni relative all'ambito economico (assegnazione abitazione, mantenimento coniuge)
2.   decisioni relative alla prole (affidamento)
3.   fissazione del giorno in cui si dovrà tenere l'udienza dinanzi al giudice istruttore
4.   fissazione del termine entro il quale il coniuge attore devo costituirsi in giudizio con il deposito di una memoria difensiva ad hoc (in realtà ha i contenuti di un vero e proprio atto di citazione per cui si possono inserire richieste e fatti nuovi)
5.   fissazione del termine entro il quale il coniuge convenuto si deve costituire se non lo ha già fatto partecipando all'udienza di comparizione.
L'ordinanza è immediatamente esecutiva (cioè vale come titolo esecutivo idoneo ad attivare il processo di esecuzione forzata)
L'ordinanza è modificabile e revocabile in qualsiasi momento dal giudice istruttore.
L'ordinanza è appellabile mediante RECLAMO presso la Corte d'appello.
L'ordinanza deve essere notificata sia al coniuge convenuto sia al PM (il PM è una parte necessaria nel processo di separazione perché è chiamato a tutelare gli interessi dei figli che potrebbero essere lesi dai genitori: il Pm può produrre nuove prove o avanzare richieste e addirittura impugnare la sentenza se lede gli interessi patrimoniali dei figli).
La fase dinanzi al giudice istruttore (la seconda fase del processo di separazione) è simile ad un processo di cognizione in rito ordinario anche se ci sono delle differenze rilevanti: il giudice non può tentare nuovamente la riconciliazione e può assumere d'ufficio nuove prove relative alla prole).
Altra particolarità è che se oltre all'istanza di separazione in sé ci sono altre questioni da trattare (divisione del patrimonio, affidamento figli) il giudice può emettere una sentenza non definitiva di separazione con la quale sentenzia immediatamente la separazione e fa proseguire la causa solo per risolvere le altre questioni (impugnabile entro 10 giorni dalla notifica) Una volta giunto a conclusione il processo il tribunale emette la sentenza di separazione che può essere impugnata come un'ordinaria sentenza.
Se richiesto il giudice addebita ad una delle due parti la separazione (quella che ha violato i doveri coniugali) e questo incide sui diritti successori e sull'assegno di mantenimento.
Il giudice può affidare il godimento della casa coniugale ad uno dei due coniugi, soltanto se questi è affidatario di figli minorenni, o di figli maggiorenni incolpevolmente non autosufficienti, non in ragione della condizione economica dei coniugi  (art. 155 c.c. comma quater, e art. 6 comma 6 l. 898/1970).
Gli obblighi di mantenimento non sussistono se le parti hanno sottoscritto un contratto prematrimoniale, che dispone diversamente (art. 155 c.c.). Non è necessario l'atto notarile, può essere formulato come scrittura privata con autentica di firma e autocertificazione che le parti sono in grado di intendere e di volere.



La separazione consensuale è uno dei due modi per ottenere la separazione legale tra coniugi (l'altro è la separazione giudiziale).
Si chiama consensuale proprio perché prevede il consenso espresso di entrambi i coniugi che giungono ad un accordo sulla spartizione dei loro beni in comunione e sull'affidamento dei figli nonché su tutte le possibili questioni connesse ad una separazione.
Il consenso delle parti può essere originario se il ricorso è presentato da tutte e due le parti ma può anche essere successivo nel senso che la separazione può partire come giudiziale (istanza di una sola parte) e poi divenire consensuale successivamente: la dottrina è dibattuta su quale possa essere il termine ultimo per esprimere in consenso, c'è chi lo individua nel tentativo di riconciliazione c'è chi dice addirittura che sia la fase dinanzi al giudice istruttore (quando ormai siamo oltre la metà della causa).
Il consenso naturalmente si può anche revocare e la maggioranza della dottrina dice che termine ultimo per revocare il consenso sia l'udienza di comparizione cioè il momento nel quale il giudice dovrebbe prendere atto del fallimento del tentativo di riconciliazione. L'accordo tra i due coniugi deve essere sottoposto all'analisi del tribunale che, con le formalità della camera di consiglio, valuta che l'accordo sia coerente con la legge e che vengano rispettati i diritti della prole.
Se la valutazione è favorevole allora omologano l'accordo con decreto (impugnabile con appello in Corte d'appello)
Se la valutazione è sfavorevole vengono trasmessi tutti gli atti al giudice istruttore affinché la causa prenda il corso di una separazione giudiziale.



La separazione di fatto non ha alcun effetto legale sul matrimonio, pur potendo essere uno dei presupposti oggettivi per la richiesta di separazione legale.



Un caso di separazione non legale e di fatto è quello del coniuge che si reca a vivere stabilmente in altra dimora, in presenza o meno di un partner diverso.
Il reato non sussiste se il coniuge si allontana con preavviso all'altro della propria intenzione di separarsi non necessariamente motivata (anche se non ancora formalizzata da un'istanza al giudice), oppure in presenza di giusta causa.
Sono esempi di giusta causa, purché precedenti l'abbandono, la violenza fisica o verbale nelle mura domestiche, il tradimento del coniuge convivente, il trasferimento della sede di lavoro in luogo lontano dalla dimora abituale, l'insoddisfazione sessuale, ma anche una più generica incompatibilità caratteriale / incomunicabilità o litigiosità dei coniugi che rendono impossibile il proseguimento della convivenza.
Il coniuge può chiedere alla forza pubblica di constatare il fatto con un verbale per abbandono del tetto coniugale, reato penalmente peseguibile dietro querela della persona offesa (art. 570 c.p.).
La giurisprudenza ha rilevato l'incongruenza della norma con le innovazioni del diritto di famiglia:
 introduzione del divorzio per cui non sono richieste motivazione o giusta causa;
facoltà del coniuge di lasciare senza conseguenze legali (civili o penali) la casa coniugale dopo pochi giorni con una semplice comunicazione scritta non motivata o sindacabile al coniuge e/o deposito di un'istanza di separazione in tribunale;
sproporzione evidente delle conseguenze civili e penali per l'inosservanza di tale prassi ― con un abbandono improvviso e non preannnunciato della casa coniugale ― e il potenziale danno arrecato al coniuge da un mancato preavviso che, rispettando le norme, si tradurrebbe in un tempo tecnico di qualche giorno;
imprenscidibilità (e conseguente obbligatorietà) dell'accertamento della causa di abbandono per verificare la sussistenza del reato e del profilo penale tramite indagini sulla sfera intima e privata del coniuge lesìve della dignità e privacy, in particolare dopo le tipizzazioni di giusta causa nelle sentenze della Suprema Corte non strettamente legate alla condotta dei querelanti all'esterno delle mura domestiche.
Date le precedenti tipizzazioni di giusta causa, la sola volontà di un coniuge è più volte stata ritenuta dalla Cassazione una giusta causa di abbandono, senza possibile sindacato di merito da parte del giudice. Pertanto, l'assenza di giusta causa è ridotta in via residuale ai soli casi di reale disvalore etico e sociale: «la qualità di coniuge non è più uno stato permanente, ma una condizione modificabile per la volontà, anche di uno solo, di rompere o sospendere il vincolo matrimoniale. Volontà la cui autonoma manifestazione, pur se non perfezionata nelle specifiche forme previste per la separazione o lo scioglimento del vincolo coniugale, può essere idonea ad interrompere senza colpa e senza effetti penalmente rilevanti taluni obblighi, tra i quali quello della coabitazione».
Raramente perseguito con il carcere, l'abbandono del domicilio domestico pregiudica tuttavia qualsiasi diritto e interesse legittimo dell'altra parte a percepire un assegno di mantenimento in caso di necessità economica (art. 143 del codice civile), in quanto la violazione dell'obbligo di coabitazione fa decadere anche l'obbligo di mantenimento e assistenza.
Comporta automaticamente l'affidamento all'altro coniuge dei figli e della casa coniugale, e la separazione con addebito di tutte le spese.
L'abbandono pregiudica anche la quota legittimaria della moglie/marito in caso di eredità, e di partecipare alla propria quota per le proprietà acquisite dopo il matrimonio, se si è optato in per il regime di comunione dei beni.

 fonte: wikipedia

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