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Massimiliano Altobelli, Investigatore Privato a Roma, autorizzato dalla Prefettura dal 1995, svolge personalmente indagini con l'ausilio della più moderna tecnologia investigativa, fornendo al committente prove legalmente valide. Consulenze e Preventivi gratuiti 24/24 - 7/7. Tel.: 336.340.007 http://www.maximedetective.net

lunedì 25 marzo 2019

L'infedeltà coniugale «discreta» non è risarcibile: la sentenza della Cassazione.




Svolgo la professione di Investigatore Privato a Roma da oltre 25 anni quindi, come potete facilmente immaginare, ho svolto migliaia di indagini su infedeltà coniugali. In merito a  questa sentenza della cassazione non si fa altro che supportare quanto in tanti anni di esperienza come Investigatore Privato vado sempre a spiegare ai miei Clienti. Quando infatti dico è che:" ...spesso avere la certezza e le prove di un proprio sospetto, fa la differenza fra "subire" e "risolvere"..", non lo dico a caso ma con cognizione di causa. Il "Dolo" dimostrasto con prove video e fotografiche degli atteggiamenti intimi e affettuosi in pubblico, relazionate da un Investigatore Privato Autorizzato dalla Prefettura, non fanno altro che supportare il "danno" che  il patner "cornuto" ha subito dal proprio coniuge fedigrafo. Ecco che assume sempre più la massima importanza affidarsi ad un Investigatore Privato con regolare licenza e non all'"Abusivo" di turno, che fra le tante cose non può ne testimoniare in Tribunale ne tanto meno presentare una relazione con prove fotografiche utilissima e indispensabile al proprio avvocato. Del resto si sà:" Se pensi che un professionista ti costi troppo, non sai quanto ti costerà un dilettante!"





L'infedeltà coniugale «discreta» non è risarcibile: la sentenza della Cassazione.




L'infedeltàconiugale non è risarcibile se “discreta”. Lo sottolinea la Cassazione che ha respinto il ricorso di un avvocato romano che voleva essere risarcito dalla moglie, dal suo amante (un collega della donna) e addirittura dal datore di lavoro che secondo lui era colpevole «di non aver evitato che tra i dipendenti si instaurassero relazioni lesive del diritto alla fedeltà coniugale».
Per essere risarcito, il tradimento dell'obbligo di fedeltà deve essere plateale e configurarsi con modalità molto offensive per chi lo subisce se invece la relazione “extra” è discreta, addirittura «confessata» solo dopo la separazione, allora nessun risarcimento danni può essere chiesto al fedifrago. Il tradito deve tenersi il «dispiacere».
Gli “ermellini” hanno escluso che il datore possa «ingerirsi» nelle scelte di vita dei dipendenti perché violerebbe la loro privacy. L'amante poi non può mai essere chiamato in causa dato che «non è soggetto all'obbligo di fedeltà». Nemmeno la moglie paga, se è una infedele “felpata” e una saggia rea confessa tardiva. E' stato condannato per lite temeraria. 

Fonte: ilmattino.it

lunedì 11 marzo 2019

Divorzio, niente assegno se la moglie è pigra: il giudice donna nega i 1900 euro a una «scansafatiche»





Nella mia lunga carriera, ultra 25nnale, come Investigatore Privato a  Roma  e con alle spalle molte migliaia di investigazioni svolte, in particolare per infedeltà conigali, con relative cause di separazione a cui ho partecipato in qualità di testimone, spesso dopo aver consegnato al Cliente le prove, anche fotografiche, di quanto accertato, ricevo dal Cliente stesso anche l'incarico di dimostrare l'attività lavorativa, non dichiarata, della ex consorte. Questo al fine di produrre in Tribunale tutte le prove e gli  strumenti utili all'avvocato del Cliente per ridurre al minimo l'assegno di mantenimento. Stessa operazione spesso mi viene commissionata in quanto, anche dopo la separazione, se si dimostra un'attività lavorativa non dichiarata dell'ex coniuge, si può richiedere la modifica dell'essegno di mantenimento.


Come Investigatore Privato professionista e autorizzato dalla Prefettura e dalla Questura, mi è capitato spesso di dimostrare, per far difendere e valere un diritto in Tribunale del Committente, come la ex consorte, non solo non lavori, ma che non facesse neanche nulla cercare un'attività lavorativa. Pertanto trovo molto corretta la sentenza che ha dato la giusta proporzionalità facendo sì che l'assegno di mantenimento non si tramutasse in una rendita "parassitaria". Ovviamente ogni caso è a se e non è possibile in alcun modo generalizzare. Però spero che anche questa sentanza aiutio a far passare l'idea che l'attività svolta dall'Investigatore Privato può essere utile e determinante per tantissime opportunità, non solo per accertare l'infedeltà del coniuge.





Divorzio, niente assegno se la moglie è pigra: il giudice donna nega i 1900 euro a una «scansafatiche»




È una sentenza storica quella emessa da un giudice di Treviso in una causa di separazione tra marito e moglie. Se l'ex moglie è una scansafatiche non ha diritto all'assegno di mantenimento. È la motivazione che ha spinto un giudice di Treviso a negare 1.900 euro al mese che una donna voleva come assegno divorzile ma anche a far interrompere la corresponsione di 1.100 euro che da oltre un anno riceveva dal suo ex marito. Lo riporta il Corriere del Veneto.
Per il collegio del Tribunale di Treviso (presieduto da una donna) il divario economico tra i due è effettivamente rilevante, ma a concorrervi vi sarebbe anche «l'inerzia» dimostrata dalla donna nel cercare un'occupazione. In più non vi sarebbe stato «alcun apprezzabile sacrificio della signora, durante la vita coniugale, che abbia contribuito alla formazione o all'aumento del patrimonio» e non esisterebbe prova «che sia stata condivisa anche la decisione della signora di dimettersi dalle attività lavorative».
Alla donna, 35enne, viene imputata «una inerzia colpevole nel reperire un'occupazione»: per i giudici «ha un'età che le consente di reinserirsi nel mondo del lavoro e possiede un titolo di studio facilmente spendibile».
Protagonista della vicenda è un professionista trevigiano con uno stipendio che supera i 4 mila euro e la casa pagata dall'azienda per la quale lavora. Lei, 35enne di origini sudamericane, è invece laureata in economia e disoccupata. Si sono sposati nel 2007 e per alcuni anno hanno abitato all'estero prima di trasferirsi definitivamente in Veneto.
Nella causa di divorzio la donna ha sostenuto di aver sempre seguito il marito nei suoi trasferimenti lavorativi, accettando di abbandonare il suo Paese d'origine pur di stargli accanto e lasciando anche un lavoro da segretaria. In seguito non è più riuscita a trovare un lavoro perchè scartata a causa della sua non perfetta dimestichezza con l'italiano.

IL PARERE DEGLI AVVOCATI MATRIMONIALISTI
«L'assegno divorzile si poggia su un principio di solidarietà: non va considerato e non è un atto dovuto, altrimenti diventerebbe una rendita parassitaria. E in questo senso la sentenza è un pronunciamento coraggioso che si richiama ai principi della Cassazione». È il commento del presidente dell'Associazione avvocati matrimonialisti italiani, Gian Ettore Gassani, alla sentenza del Tribunale di Treviso che ha negato l'assegno ad una ex moglie, sebbene il divario economico con l'ex marito sia rilevante, perché lei non si è adoperata per cercare un'occupazione e quindi una fonte di reddito.
«Per ottenere l'assegno - spiega l'avvocato Gassani - non basta il divario economico. La legge impone al coniuge più debole di dare prova in giudizio di aver cercato un lavoro full time o anche part time: quindi si deve dimostrare di aver tentato di fare concorsi, di aver mandato curricula. Oppure devi essere nell'assoluta impossibilità di lavorare. Il tribunale di Treviso ha applicato un principio condiviso dagli addetti ai lavori che rappresenta l'orientamento della Cassazione: la Suprema Corte, infatti, negli ultimi anni ha cercato di limitare la concessione indiscriminata dell'assegno di mantenimento al coniuge più debole, si tratti della moglie o del marito. Se c'è inerzia da parte del richiedente, il giudice non può riconoscere l'assegno, diventerebbe una rendita parassitaria».

Fonte: il messaggero.it