Buongiorno.
Da oltre vent'anni mi occupo di Investigazioni Private e ultimamente, inteso come negli ultimi 5/7 anni, si sta diffondendo sempre di più l'utilizzo investigativo nell'ambito commerciale.
Non che prima non si facesse, ma sta cambiando il "livello", infatti anni fà era appannaggio per lo più di grandi aziende con molti dipendenti, mentre ultimamente semprè più anche da Clienti che magari hanno un negozio con pochi addetti.
Con questo mio breve articolo e prendendo spunto dalla pubblicazione, sotto riportata, a commento di ultime Sentenze, cercherò di fare chiarezza in questo ambito specifico:
Una volta per tutte cerchiamo di rispondere
ad una domanda che spesso sia i dipendenti che i datori di lavoro ci pongono,
soprattutto per cercare di togliere dei dubbi su ciò che realmente
l' Investigatore Privato può e non può fare. Su ciò che si basa l'attività
Investigativa e su quali possano essere le risultanze valide in sede
giudiziaria che l'Investigatore Privato può relazionare.
L'articolo di seguito esposto risponde in
maniera chiara e concisa, punto su punto, a tutti i quesiti che maggiormente ci
vengono rivolti dai nostri clienti nella nostra Agenzia Investigativa.
L'infedeltà, che sia Aziendale o coniugale,
viene trattata con una indagine volta al reperimento delle prove documentali,
fotografiche e testimoniali, con lo scopo di relazionarle per poi eventualmente
produrle in Tribunale.
Una cosa che non viene menzionata
nell'articolo, perchè dovrebbe essere ovvia, ma che in realtà non lo è, è
quella di affidarsi ad un Investigatore Privato con regolare licenza,
Autorizzato dalla Prefettura. Purtroppo sono tanti gli abusivi che si
professano Investigatori Privati che alla fine non hanno ne le competenze ne
tanto meno posso produrre prove e indizi validi ai fini giudiziari da
presentare in Tribunale.
Affidarsi
ad un professionista fa la differenza tra risolvere un problema o crearne degli
altri, vista la materia spinosa e legalmente complessa.
Massimiliano Altobelli
Finto cliente per controllare il
dipendente: si può?
In che modo e quando il datore di lavoro può
controllare i dipendenti con investigatori privati e falsi clienti.
Lo Statuto dei
lavoratori vieta all’azienda di controllare i dipendenti durante
lo svolgimento delle loro mansioni: è infatti fuorilegge una verifica sulla
qualità e tempestività della prestazione lavorativa. Tuttavia, a detta della
Cassazione, è possibile spiare e pedinare i lavoratori attraverso investigatori
privati e falsi clienti. Questo consente, in un certo
senso, di superare il limite imposto dalla legge e verificare se il dipendente
sta facendo il proprio dovere o meno. Il controllo occulto potrebbe consistere
anche nella creazione di un falso profilo Facebook al
fine di verificare se lo stesso sta chattando o lavorando. Ma procediamo con
ordine e vediamo in che modo il datore di lavoro può controllare i
dipendenti.
Investigatori privati
Nessun dubbio esiste
più sul fatto che l’azienda possa spiare il
dipendente con l’investigatore privato.
Quest’ultimo può pedinare il lavoratore al di fuori dell’azienda (fino
all’uscio di casa), per smascherare eventuali bugie riferite al datore di
lavoro: falsi certificati medici, permessi per assistenza a familiari invalidi
(Legge 104) utilizzati invece per fini personali, attività di concorrenza,
svolgimento parallelo di mansioni per altri datori, ecc.
Il controllo può
avvenire anche per un prolungato lasso di tempo [ Cass.
sent. n. 14454/2017
] e non deve
necessariamente limitarsi a sporadici episodi.
Inoltre, per poter
pedinare il dipendente sospettato di infedeltà, non c’è bisogno che il
lavoratore sia già stato sorpreso nell’atto di svolgere un precedente illecito
dello stesso tipo, ma possono essere eseguiti anche in via preventiva o sulla
base di semplici sospetti.
La prova sarà
costituita dalle stesse dichiarazioni testimoniali dell’investigatore. Il
report del detective non ha valore documentale; lo possono avere le fotografie,
salvo che vengano adeguatamente contestate dal dipendente.
Affinché l’utilizzo
dell’investigatore sia legittimo è necessario che:
ñil controllo sia svolto mediante modalità non
eccessivamente invasive, rispettose della libertà e dignità dei dipendenti e,
comunque, improntate al rispetto dei principi di correttezza e buona fede;
ñla finalità del controllo non sia quella di verificare
la qualità e la prestazione lavorativa del lavoratore, ma impedire che questi
compia illeciti; ciò in quanto le condotte penalmente rilevanti, o comunque
illecite, poste in essere dal dipendente esulano dall’attività lavorativa in
senso stretto.
Il falso cliente
Il datore di lavoro può
sottoporre a controlli il dipendente anche valendosi di un falso
cliente. Si pensi a una persona che finga di essere interessata
all’acquisto di un prodotto al solo scopo di controllare se il dipendente
emette lo scontrino, se indirizza la clientela verso altri esercizi
commerciali, se discredita i prodotti in vendita, ecc. In questo caso
l’attività di controllo del finto cliente si può
spingere anche all’interno del posto di lavoro.
Affinché tuttavia sia
possibile controllare un dipendente con un falso cliente è
necessario che vengano rispettati determinati limiti:
ñl’investigatore non può essere ingaggiato
dall’azienda per verificare l’adempimento della prestazione lavorativa da parte
del dipendente; può solo verificare eventuali illeciti del dipendente stesso
che possono avere un impatto sul patrimonio aziendale;
ñl’investigatore può fingersi un normale cliente a
condizione che si limiti a presentare alla cassa la merce acquistata pagandone
il relativo prezzo o a compiere le normali attività che ci si potrebbe
aspettare da un cliente. L’investigatore non può invece “istigare”,
non può cioè porre manovre volte a indurre in errore il lavoratore o a
suggerirgli eventuali comportamenti illegittimi al fine di verificare se questi
“cade in tentazione”;
ñi controlli sono legittimi purché siano stati
ripetuti per un lasso di tempo congruo e non quindi limitati a un solo episodio
che potrebbe non essere significativo.
Il falso contatto su Facebook
Secondo la
Cassazione [Cass. sent. n. 10955/2015 ],
il datore può creare un falso profilo Facebook per
«riscontrare e sanzionare un comportamento idoneo a ledere il patrimonio
aziendale» e non per controllare «l’attività lavorativa più propriamente
detta». Così è legittimo l’impiego di un contatto fake per vedere se il dipendente lavora o si trastulla
chattando con il profilo di una bella ragazza. Il che può addirittura portare a
un licenziamento per giusta causa. Sono ammissibili – dice la corte – i «controlli
difensivi occulti» anche ad opera di personale estraneo all’azienda –
come appunto gli investigatori privati – solo se
volti ad accertare comportamenti illeciti diversi dal semplice inadempimento
della prestazione lavorativa, sotto il profilo quantitativo e qualitativo. Il
controllo non può comunque assumere modalità eccessivamente invasive e deve pur
sempre rispettare le garanzie di libertà e dignità dei dipendenti.
Fonte: www.laleggepertutti.it
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