Nella mia carriera, ultra 20nnale, da Investigatore Privato autorizzato dalla Prefettura, di casi di violenza
domestica ne ho visti tanti.
Alcuni particolarmente gravi altri che per fortuna
hanno avuto un epilogo meno drammatico.
Personalmente la violenza non mi appartiene
e non la giustifico per nessun motivo. Trovo deplorevole chi compie azioni
simili e ritengo che la professione di Investigatore Privato serva proprio per
difendere e far valere un prorpio diritto in Tribunale, e non per farsi
"giustizia" da soli.
Ecco l'importanza di avvelersi di un
professionista del settore che possa fare la differenza e, soprattutto, possa
offrire il giusto supporto per chi debba trovarsi nella condizione di dover
gestire un tradimento o chi chi sia vittima di maltrattamenti.
Cassazione: la violenza del marito non giustifica il
tradimento della moglie
Per gli Ermellini, ai
fini dell'addebito, la condotta violenta non giustifica la violazione dei
doveri che sorgono dal matrimonio
di Lucia Izzo - Non è solo al marito
aggressivo che va addebitata la separazione personale dei coniugi, ma anche
alla moglie che lo ha tradito il
marito: infatti, anche se la condotta
violenta di un coniuge, non potrà mai essere giustificata dai
comportamenti dell'altro, non varrà
neppure a giustificare la violazione dei doveri che sorgono la matrimonio.
È quanto ha precisato la Corte di Cassazione, sesta sezione penale, nell'ordinanza n. 3923/2018 (qui
sotto allegata).
La
vicenda
In Tribunale,
pronunciata la separazione personale dei coniugi, la addebitava inizialmente
al solo marito violento, che più
volte aveva aggredito fisicamente la moglie; la Corte d'Appello, tuttavia,
decideva di addebitarla anche alla
moglie che aveva tradito il marito, decisione che la ex decide di
contestare in Cassazione.
In particolare, le doglianze della
ricorrenza si fondano sulla ricorrenza
del nesso eziologico tra la violazione del dovere di fedeltà, che si
afferma non provato in maniera puntale, e la intollerabilità della
prosecuzione della convivenza. Ciò in quanto, puntualizza la donna, erano
stati gli atteggiamenti aggressivi e violenti del partner nei suoi confronti a
rendere la convivenza insostenibile.
Cassazione: la
condotta violenta del partner non giustifica la violazione dei doveri
matrimoniali
Tuttavia, secondo
la Cassazione, le doglianze si rivelano inammissibili. Gli Ermellini rammentano
i consolidati principi riguardanti l'obbligo
di fedeltà coniugale, la cui inosservanza viene ritenuta violazione
particolarmente grave e, di regola, sufficiente
a determinare l'intollerabilità della prosecuzione della convivenza e
a giustificare l'addebito della separazione al coniuge responsabile.
Ciò eccetto
il caso in cui non si riesca a dimostrare la mancanza del nesso causale tra
infedeltà e crisi coniugale, attraverso un accertamento rigoroso e una
valutazione complessiva dei comportamenti di entrambi i coniugi che provi
la preesistenza di una crisi già
irrimediabilmente in atto in un contesto caratterizzato da una
convivenza meramente formale.
Il Collegio rammenta anche come la relazione di un coniuge con estranei renda
addebitabile la separazione ai sensi dell'art. 151 c.c. quando, in
considerazione degli aspetti
esteriori con cui e coltivata e dell'ambiente in cui i coniugi vivono, dia
luogo a plausibili sospetti di infedeltà e quindi, pur non sostanziandosi in un
adulterio, offenda la dignità
e l'onore del partner.
Quanto alla distribuzione
dell'onere probatorio, sarà la parte che richiede l'addebitodella separazione all'altro coniuge, per
inosservanza dell'obbligo di fedeltà, a dover dimostrare la relativa condotta e la sua efficacia causale nel
rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza; è, invece, onere di chi
eccepisce l'inefficacia dei
fatti posti a fondamento della domanda, e quindi dell'infedeltà nella
determinazione intollerabilità della convivenza, provare le circostanze su cui l'eccezione si fonda, vale a
dire l'anteriorità della crisi matrimoniale
rispetto all'accertata infedeltà.
La sentenza impugnata, conclude la Cassazione, ha
rispettato tali principi: dalla valutazione delle risultanze processuali (tra
cui puntuali e circostanziate annotazioni contenute nel diario della
ricorrente, telefonate e squilli durante la giornata) si è ritenuta provata la relazione della moglie nel
senso di cui sopra (plausibili sospetti di infedeltà idonei a offendere la
dignità e l'onore del partner).
Per tali ragioni il giudice a quo ha affermato che la separazione non era stata
determinata dalla mediocrità della storia coniugale, bensì da tale relazione (qualificata come
un evento recente e emotivamente duro, intervenuto mentre il marito tentava in
modo grossolano approcci con la moglie), e anche dalle inammissibili aggressioni fisiche del marito in ragione
delle quali la separazione gli era stata già correttamente addebitata dal
Tribunale
Le censure della ricorrente, volte a negare il nesso
causale tra presunto tradimento e crisi del rapporto coniugale e a sottolineare
la gravità della condotta del marito, attengono
a circostanze di merito (il cui vaglio non è ammissibile in
Cassazione) e vanno, in conclusione, respinte.
Certo, precisa la Corte, la condotta violenta di un coniuge non può essere mai giustificata da comportamenti dell'altro, tuttavia, tale
condotta non vale a sua volta a giustificare la violazione dei doveri che sorgono dal matrimonio.
fonte: studiocataldi.it
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